INVASIONE DI CAMPO DELLA DIPMA: AZIONI PER IMPEDIRE LA PRESENTAZIONE DI RICORSI E ISTANZE
La Direzione Impiego Personale Militare Aeronautica, attraverso un uso improprio di lettere inviate ai vari comandanti, vorrebbe di fatto impedire al personale di esercitare il diritto legittimo di presentare istanze.
I nostri iscritti ci hanno informato di essere stati destinatari di missive, per il tramite del proprio Comandante, a firma del Gen. Comelli, nelle quali li si accusa di aver “formulato temerariamente ed in assoluta malafede” istanze nei confronti della direzione da lui presieduta.
Ragion per cui, lo stesso, sollecita i rispettivi Comandanti di Corpo ad avviare dei procedimenti disciplinari nei confronti degli istanti, per non aver agito, a suo dire, “con onore e senso di responsabilità”.
Appare questo un modo fantasioso di interpretare le norme così come il censurare il sacrosanto esercizio di un diritto legittimo in capo ad ogni cittadino ancorché indossi una divisa, ossia quello di poter presentare istanze al fine di veder riconosciuti quelli che egli ritiene suoi interessi legittimi. Tanto più se queste richieste sono supportate da sentenze giudiziarie favorevoli.
Stabilire se un’azione legale sia temeraria e se l’attore dell’istanza sia in malafede, così come indicato a chiare lettere dal Generale Comelli, non spetta certamente a lui; eventualmente, sarà un giudice a stabilirlo.
Anzi, ci poniamo il dubbio se sotto il profilo formale la comunicazione della DIPMA sia ineccepibile, soprattutto laddove si sollevano dubbi pubblicamente sulla buona fede di questi colleghi, ledendone in qualche modo la reputazione (art. 595 C.P).
Non meno grave appare il venir meno della riservatezza prevista per la contestazione di fatti disciplinarmente perseguibili, dato che questa è avvenuta nell’ambito di una comunicazione in risposta ad un’istanza e quindi accessibile anche a soggetti non necessariamente legittimati ad avere accesso a questo genere di comunicazioni riguardanti fatti sensibili.
Non a caso la normativa vigente (Guida tecnica “Procedure disciplinari”) parla esplicitamente di una comunicazione che va fatta direttamente al Comandante di Corpo dell’incolpato. Infine, anche la pretesa di voler essere informato degli esiti del procedimento disciplinare sottende ad una pressione indebita nei confronti dei Comandanti di Corpo, indotti ad un pregiudizio lesivo della loro autonomia e terzietà nel giudizio del caso in esame. Si appalesa, inoltre, l’esercizio in maniera illegittima di una sorta di diritto acquisito ad essere informati sugli eventuali sviluppi disciplinari, potestà invece esclusiva della catena gerarchica del militare.
Il fatto che anche altre sigle sindacali siano intervenute sulla medesima vicenda non fa altro che sottolineare la gravità della situazione e la necessità di intervenire con la massima urgenza.
Come SIAM riteniamo che ognuno debba svolgere il proprio ruolo senza travalicare le proprie competenze e, soprattutto, senza comprimere l’esercizio di diritti altrui. A meno che il Gen. Comelli non voglia emulare il Gen. Roggio che, quando a capo della DGPM, chiedeva alla politica delle norme specifiche che impedissero al personale militare di effettuare l’accesso agli atti e di adire la giustizia amministrativa, al solo scopo di abbattere il contenzioso con la pubblica amministrazione. Se questo è l’obbiettivo ultimo, allora la soluzione la diamo noi del SIAM, senza dover ricorrere a misure che comprimano i diritti soggettivi del personale. Sarà sufficiente, infatti, che l’Amministrazione emani disposizioni chiare e perfettamente aderenti al dettato costituzionale e al quadro normativo, prive di circonvoluzioni semantiche che le rendono vaghe e interpretabili soggettivamente dalle autorità di comando. A partire dalla direttiva che regolamenta i trasferimenti del personale (la DIMPA UD 001) che, unica tra le Forze Armate, ha abrogato i trasferimenti a domanda, creando un universo di discrezionalità che ha paralizzato la mobilità nell’Aeronautica negli ultimi vent’anni, nonché una miriade di casi di disparità di trattamento tra il personale, solo in parte mitigati dalla recente introduzione della Manifestazione di Interesse alla Mobilità, per la quale i parametri necessari a stilare la graduatoria necessiterebbero di essere ulteriormente implementati da altri elementi di valutazione.
Solo così si potranno abbattere i contenziosi in materia di trasferimenti, senza dover ricorrere a provvedimenti disciplinari nei confronti di chi esercita un suo legittimo diritto.
A tal scopo, faremo un’apposita comunicazione al Capo di SMA, per chiedere un suo intervento risolutivo nella vicenda specifica e la revisione delle procedure di trasferimento attualmente vigenti.
Il SIAM come sempre è disponibile ad assistere i colleghi coinvolti che vogliono tutelare i propri diritti. Per farlo è sufficiente contattarci attraverso i canali indicati dal nostro sito: www.sindacatoam.it.