TFS: la Consulta dichiara incostituzionale il pagamento differito, ma è una “vittoria di Pirro”!

01-07-2023

In questi giorni la stampa nazionale si è occupata abbondantemente della recente sentenza n.130/2023 della Corte Costituzionale rilanciando la notizia secondo cui la stessa avrebbe riconosciuto come incostituzionale l’accredito differito dei trattamenti di fine servizio spettanti ai dipendenti pubblici cessati dall'impiego (per limiti di età o di servizio).

Il nostro parere al riguardo è che la notizia vada quantomeno ridimensionata. Va detto, infatti, senza mezzi termini, che il ricorso è stato respinto. La consulta, facendo una serie di valutazioni di cui diremo più avanti, di fatto ha solo invitato il governo ad adottare nuove regole.

Ripercorriamo brevemente quali fatti hanno portato alla decisione della Corte sulla costituzionalità della norma che regola l’attuale modalità di pagamento differito e dilazionato del TFS.
Con vari interventi normativi, succedutisi negli anni, si è giunti all’attuale situazione che prevede il pagamento della liquidazione per i dipendenti pubblici (TFR o TFS che sia) anche dopo 2 anni e tre mesi, oltre a essere dilazionato in tranche annuali di 50 mila euro. In tale modalità, il saldo di quanto dovuto dall’INPS può avvenire anche dopo 5 anni dal pensionamento.

Una disparità di trattamento rispetto ai dipendenti del settore privato che il TAR Lazio ha ritenuto opportuno portare all’attenzione della Corte Costituzionale, la quale ha in effetti accertato che tale ritardo nei pagamenti contrasta con il principio costituzionale della giusta retribuzione.

Fin qui tutto bene, sembrerebbe. Il problema sorge, però, laddove la Consulta ha ritenuto opportuno tenere nella giusta considerazione l’impatto finanziario che tale decisione può avere sulle casse dello Stato e dell’INPS nello specifico.

Pertanto, e' stata affidata al legislatore la responsabilità di riscrivere la norma, individuando interventi che tengano conto anche degli impegni assunti nell’ambito della programmazione economico-finanziaria. Superfluo aggiungere che la celerità con la quale la norma verrà riportata nell’ambito costituzionale dipenderà dal Governo (o dai governi) e dal Parlamento, con tutta l’incertezza delle tempistiche annesse e connesse. Questo anche alla luce del fatto che la Consulta era già intervenuta sul tema in passato, con la sentenza n. 159 del 2019, con la quale aveva rigettato un ricorso simile, rinviando anche allora al legislatore il compito di risolvere il problema. Appello che evidentemente è caduto nel vuoto allora e che rischia di farlo anche oggi.

La stessa Consulta infatti evidenzia anche come siano inadeguate le misure di legge intervenute proprio successivamente alla prima sentenza, con le quali si concede l’opportunità di ricevere in anticipo il TFS ricorrendo ad appositi prestiti da parte di istituti di credito e persino dalla stessa INPS, riversando sul lavoratore il costo della fruizione tempestiva dell’emolumento, avvalorando così la sensazione diffusa che i pubblici dipendenti debbano pagare una sorta di tassa occulta per ottenere ciò che spetterebbe loro di diritto.

Insomma, una sentenza che per il dipendente pubblico rischia di non cambiare ancora nulla nel medio periodo.

Come Sindacato, ci faremo parte attiva nei confronti di politica ed istituzioni affinché venga emanata una norma che recepisca le indicazioni della sentenza della Corte Costituzionale.

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